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monselice le sette chiese

la via Romea Leona - da Venezia a Altopascio


Moselice - Sermide

MONSELICE

Lasciando il Prato della Valle e imboccando il Corso Vittorio Emanuele II, dopo un po' si arriva in piazza Santa Croce, dove si trova l'elegante chiesa settecentesca di Santa Croce, a destra, in fondo alla piazza, si vede la piccola chiesa dedicata San Leopoldo. Usciti dal centro e imboccata la stradina che segue l'argine del canale Battaglia, scavato verso la fine del XII secolo per consentire il collegamento fra il fiume Bacchiglione, che passa appunto per Padova, e la zona di Este, da dove con altre vie d'acqua si poteva raggiungere Montagnana, Rovigo, Legnago e Mantova.

Stando sull'argine si vedono gli ormai vicini Colli Euganei, dalle regolari forme coniche, con la massima altitudine raggiunta dal monte Venda, con i suoi 601 metri. Questi colli si sono formati in epoca lontanissima (dai 65 ai 30 milioni di anni fa) e sono la conseguenza di intense eruzioni vulcaniche. Uno degli aspetti più singolari dei Colli Euganei é la presenza di manifestazioni idriche termiche, conosciute fin dall'antichità, con l'acqua che esce a temperature variabili fra i 70 e gli 85 gradi.
Dopo circa un paio di km si vede sulla destra il Parco di Villa Giusti, dove, nel 1918, avvenne la firma dell'armistizio che portò alla fine della prima guerra mondiale.
Proseguendo si arriva ad un ponte di mattoni ad arco: é il Ponte della Cagna. Al di là del canale di vede l'antica chiesa della Mandriola, con alle sue spalle quella nuova, dedicata a San Giacomo Apostolo. Dopo un centinaio di metri si passa a fianco della Villa Molin, progettata alla fine del XVI secolo dall'architetto Vincenzo Scamozzi, discepolo di Andrea Palladio.
Proseguendo si supera l'incrocio con via Ponte della Fabbrica e più avanti con il Ponte di Mezzavia, da dove, andando a destra, si può raggiungere il centro di Montegrotto Terme.

Si prosegue sempre sull'argine e, poco prima di arrivare a Battaglia Terme, appare sulla destra una villa dall'aspetto fortificato: il castello del Cataio. Il cui nome non deriva dal favoloso Catai, descritto da Marco Polo, ma dall'antico nome del borgo: Chataio e poi Cattaglio. Venne costruito per conto della nobile famiglia degli Obizzi nella seconda metà del XVI secolo. La grande costruzione conta bel 350 stanze, sul davanti si apre un parco con giardino all'inglese.
Si arriva poco dopo in centro a Battaglia Terme; se il significato del primo nome é ancora incerto, il secondo invece denota chiaramente la principale attività che qui si svolge: quella termale, la cui attività é documentata fin dall'anno 1145. In centro sorge un ponte in muratura a gradini, ricostruito nel 1950 identico all'antico, con la statua di San Giovanni Nepumuceno, il protettore di chi transita per i ponti e di chi naviga lungo i fiumi.

Sull'altra riva, subito dopo il ponte, si trova la chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo, fondata nel 1332 e ricostruita agli inizi del '700. Sul colle di Sant'Elena sorge la Villa Selvatico-Capodilista, costruita verso la fine del XVI secolo in forme palladiane.
Proseguendo ancora lungo la riva del canale, dopo circa 5 Km si arriva a Monselice. Sulla destra si vede il Monte Ricco (m. 339) con nei fianchi le tracce lasciate dalla cave. Il nome del paese deriva proprio da Mons Silicis, ossia Monte della Selce. Le origini risalgono alla preistoria, ed é sempre stato un importante centro sulla via che da Este portava a Padova.
Passando sull'altra riva del canale Battaglia, si incontra la centrale piazza Mazzini, il cuore della città e del centro storico; dal XII secolo si sviluppò dall'intersezione delle vie del centro, in prosecuzione del sagrato della chiesa di San Paolo. Da oltre cinque secoli vi ha luogo il mercato settimanale del lunedì. La Torre Civica, merlata, l'antica torre di piazza, risale forse al 1244, domina sui resti della più esterna delle cinque cinte murarie. Al suo fianco, in corrispondenza della via Dante, si apriva una delle due porte occidentali.
Il Palazzo del Monte di Pietà e la Loggetta, primi edifici di via del Santuario, sono l'esempio di un felice accostamento architettonico del '400 e del '600: ospitano la Biblioteca Comunale. Sulla sinistra si affaccia la chiesa di San Paolo, edificata sui resti di un tempio romano e rimaneggiata nel '700.
La strada selciata conduce a Ca' Marcello, il castello che fu già dei Carraresi, restaurato dal conte Vittorio Cini, ospita una preziosa collezione di mobili, arredi ed armi dal '400 al '500.
Poi ecco villa Nani-Mocenigo, un palazzo patrizio del '700, dal cui muro di cinta fanno capolino allusive figurine di nani.
Poco oltre si trova il Duomo Vecchio, in stile romanico-gotico, edificato nel 1256.
All'interno opere pittoriche di buona fattura, mentre sull'altare maggiore si trova un interessante polittico di scuola veneziana, poi bassorilievi in marmo della scuola del Bonazza e resti di affreschi trecenteschi.

Attraversata la Porta Romana si accede al Santuario delle Sette Chiese: sei cappelline intitolate ad altrettante Basiliche di Roma e provviste delle 'indulgenze' concesse da papa Paolo V nel 1605, e poi la chiesetta di San Giorgio, con i corpi e le reliquie dei primi martiri cristiani.
Completa la scenografia il prospetto di Villa Duodo, eseguita ai primi del '600 su disegni di Vincenzo Scamozzi, rimaneggiata nel '700 da Andrea Tirali.
Sulla sinistra una suggestiva scalinata in trachite conduce all'Esedra di San Francesco Saverio, eretta in memoria del soggiorno del Santo avvenuto nel 1537. A fianco, oltre il cancello, la gradinata che conduce al viottolo di accesso al Mastio.

Le origini di Monselice si perdono nella leggenda, fin dal 603 d.C. risulta essere un importante centro strategico occupato dai longobardi. Nel 1236 Ezzelino da Romano si impadronì della fortezza, ove due anni dopo arrivò l'imperatore Federico II di Svevia, che fece fortificare la parte alta del colle.
La salita alla Rocca é di particolare suggestione, tanto panoramica quanto perché ci consente di addentrarci nell'arte e nella storia. Il castello di Ca' Marcello é la testimonianza del sistema di fortificazioni tipico dell'età medioevale.

Proseguendo sulla strada principale, si passa a fianco del Duomo nuovo. Continuando si arriva al convento e alla chiesa di San Giacomo, una costruzione romanico-gotica, con campanile a cuspide conica del '300, tele di scuola veneta e una reliquia di San Giacomo Apostolo. Annesso vi si trova un convento dell'Ordine Francescano Minore, con bel chiostro del '400, mentre fin dal XII secolo si ricorda la presenza di un ospizio per pellegrini.

ESTE

Partendo da Monselice, si segue il corso del Canale Bisatto, che deriva le sue acque dal Bacchiglione. Le ampie curve del canale sono probabilmente la causa del suo nome: 'bisatto' in veneto significa appunto anguilla. Siamo in un ambiente tipicamente campestre, oltre i campi si alzano i Colli Euganei, che este pian piano si allontanano.
Si arriva a Este, un'antica città già sviluppata in epoca preromana, sulle pendici sud del Colli Euganei, fu il principale centro dei Veneti, alleati con Roma nella lotta contro Galli, divenne poi romana dopo la II Guerra Punica. Anticamente si chiamava Aeteste, nome forse derivato da Athesis, Adige, il fiume che anticamente la bagnava. Qui, tra l'XI e il XIII secolo, si insediò un nobile famiglia che prese il nome di Casa d'Este che, scacciata dai padovani, si stabilì poi a Ferrara. Nel 1405 entrò a far parte del dominio Veneziano, rimanendovi fino alla caduta della Repubblica, nel 1797.
Il primo edificio che si incontra é la chiesa di Santa Maria delle Grazie, fondata nella seconda metà del sec. XV, ricostruita all'inizio del sec. XVIII. Nell'interno, a croce latina, e con luminosa cupola vi sono statue ottocentesche di Pietro Zandomeneghi e Valentino Besarel, poi numeroso dipinti fra i quali un 'Sant'Antonio da Padova con Bambino e Santi' di Antonio Zanchi, che era nato proprio a Este. Nell'altare maggiore si venera la 'Madonna delle Grazie', una tavola bizantina del XV secolo, considerata miracolosa.

Proseguendo per via Principe Umberto, si vede sulla sinistra la duecentesca chiesetta di San Martino, conserva al suo interno dipinti di Antonio Zanchi e statue del Bonazza. Poco dopo si arriva in Piazza Maggiore, il centro della città, con pavimentazione in trachite e un alto pennone portabandiera. Sul lato est si trova il settecentesco Palazzo del Municipio, con loggia pubblica e balconi.
Poco dopo, prendendo verso destra il Largo Beata Beatrice, si arriva si fronte al trecentesco Castello, il principale monumento della città. Qui é ospitato il Museo Nazionale Atestino, uno dei più importanti d'Italia per le raccolte di oggetti di epoca pre-romana.

Proseguendo per via Cavour si arriva al Duomo cittadino, dedicato a Santa Tecla, la cui ultima ricostruzione risale alla fine del '600 su disegno di Antonio Gaspari. Nell'imponente interno varie opere di scultura e pittura, tra cui, nell'abside, una grande tela di Giambattista Tiepolo: Santa Tecla libera Este dalla peste del 1630. poi altre tele di Antonio Zanchi e Jacopo Amigoni, e la grande composizione marmorea il 'Trionfo dell'Eucarestia' dello scultore Antonio Corradini, pure lui nativo di Este.

Proseguendo nel percorso si passa per il ponte San Francesco, che scavalca il Canale di Este (che verso Monselice prende il nome di Canale Bisatto), e poco dopo si trova la chiesa di Santa Maria della Consolazione, detta degli Zoccoli, degli inizi del '500. Sull'altare maggiore una tela di Cima da Conegliano: Madonna col Bambino. Proseguendo poi per via Pellesina, si giunge alla seicentesca chiesa della Beata Vergine della Salute, con all'interno pitture di Antonio Zanchi, di Antonio Fumiani e Pietro Liberi.

Proseguendo sull'itinerario, tra lo Scolo di Lozzo e il fiume Frassine, si vede la Rocca di Ponte della Torre, già appartenente al sistema difensivo di Este.

Oltrepassato il secondo canale, si vede il seicentesco Palazzo Pesaro, costruito su disegno di Baldassare Longhena.

CARCERI d'ESTE

Si arriva così all'Abbazia di Carceri, il cui toponimo deriva dal termine antico 'carceres', che significava sia piccole stalle che pozzi per la raccolta d'acqua.
abbazia di carceri Nel 1107 Enrico il Nero, duca di Baviera, donava alcuni terreni ad una comunità religiosa aderente alla regola di Sant'Agostino, che verso l'anno 1000 si era stabilita in zona ed aveva iniziato a bonificare e mettere a coltura queste terre.
I monaci edificarono una chiesa consacrata nel 1189, romanica, a tre navate, e un chiostro, del quale attualmente rimane solo un lato adiacente alla chiesa. Nel 1407 papa Gregorio XII trasferì il possesso dagli Agostiniani ai Camaldolesi, che vi rimasero per quasi tre secoli. Fu il periodo di maggior splendore dell'abbazia. Vi costruirono altri chiostri (in totale ve n'erano quattro, ora ne é rimasto uno solo, di aspetto rinascimentale), un'ampia sala per la biblioteca e una foresteria per i pellegrini, ampliarono la chiesa con il coro e in luogo delle tre navate (bruciate in un incendio nel 1643) eressero l'attuale ad unica navata (in stile barocco) benedetta da San Gregorio Barbarigo nel 1686.

Nel 1690 papa Alessandro VIII soppresse l'abbazia e tutto il complesso e i terreni passarono in proprietà alla Repubblica Veneta, impegnata allora nella guerra contro i Turchi.

Il tutto venne poi venduto alla famiglia Carminati, dei commercianti bergamaschi residenti a Venezia e diventati poi nobili.
L'abbazia venne così trasformata in una grande azienda agricola, con migliaia di campi. I Carminati vi rimasero proprietari per 250 anni, quando nel 1951, dopo aver venduto poco per volta case e campagne, cedettero gli edifici sopravissuti (ormai in pessime condizioni) alla parrocchia di Carceri.

Al primo piano del chiostro sopravissuto é stato allestito il Museo della Civiltà Contadina. L'esposizione segue un ordine ben definito e riguarda: la lavorazione della terra; la semina; la raccolta del frumento, del granturco e della barbabietola; l'ambiente della stalla; il ricordo delle 'rogazioni' e benedizioni delle stalle.

Vi sono poi settori che rappresentano: i lavori domestici; la lavorazione della canapa e la tessitura, il calzolaio, il falegname, il fabbro, ecc.
E' stata poi riprodotta un'aula scolastica di circa 50 anni fa. In un'ala del chiostro vi sono poi delle carrozze e carri agricoli.

BADIA POLESINE

La chiesa di Vighizzolo d'Este é dedicata a San Giovanni Battista, quella di Piacenza d'Adige a Sant'Antonio Abate.
Superando l'Adige si arriva a Badia Polesine, dove scorre l'Adigetto, un antico alveo del fiume più grande. Lo stesso nome della cittadina evidenzia la vocazione agricola della zona, si pensa infatti che da 'terra vangaticia' (cioé terra da lavorare con la vanga) derivi il termine Vangadizza.
badia polesine Verso l'anno 950 il marchese di Mantova eresse qui una chiesa e un monastero, successivamente ampliato e affidato ai monaci Camaldolesi, intanto attorno cresceva anche l'antico borgo, che pare fosse già abitato in epoca romana. Alla fine del '200 entrò a far parte dei territori di Padova, poi divenne un dominio Estense, ed infine nel 1482 divenne veneziana, assieme a tutto il Polesine.
L'abbazia venne soppressa nel periodo napoleonico e assegnata ad un nobile francese; ora é proprietà comunale.
Dell'antico complesso rimane il chiostro del XIII sec. con una vera da pozzo del XIV, il refettorio, la cappella dedicata alla Vergine (XV sec.) e il campanile. Nello spazio antistante a quella che era la facciata della chiesa, demolita a metà '800, si vedono i due sarcofaghi di Azzo II d'Este, della moglie Cunegonda di Baviera e di Azzo IV, vissuti tra l'XI e il XIII secolo. Sulla via principale, che corre parallela al fiume, si affacciano diversi edifici di nobile architettura: il Palazzo degli Estensi, in forme gotiche veneziane, del XV sec.; il Palazzo Rosini, dello stesso periodo, e il Palazzo Baccaglini, del XVII sec.

La chiesa arcipretale é dedicata a San Giovanni Battista. Dei documenti ne attestano l'esistenza fin dal sec. XII, inizialmente dipendente dall'Abbazia della Vangadizza. L'aspetto attuale risale ai lavori del 1700, durante i quali la chiesa venne ampliata, eseguiti il transetto e l'abside, rifatta la facciata a due ordini architettonici.
Nel grande medaglione del soffitto, agli inizi del 1800 il pittore Pio Piati dipinse a fresco l'ascesa al cielo di San Giovanni Battista. Nell'ultimo altare di sinistra si trova la statua lignea della Madonna della Vangadizza, già nell'Abbazia fino dal XV secolo.
Nell'ultimo altare di destra si trova l'urna contenente il corpo di San Teobaldo, patrono della città, un tempo nell'Abbazia e qui trasferito nel 1810 quando il monastero venne soppresso; sulla parete di fondo della stessa cappella un affresco del pittore Sebastiano Santi (prima metà del 1800) raffigura l'ascesa in cielo di San Teobaldo, sostenuto dagli angeli.
Da notare a destra dell'altare maggiore un Ecce Homo proveniente dall'oratorio della Confraternita del SS. Sacramento.

La chiesa della Madonna della Salute venne fatta costruire da Giovanni Francesco Loredan nel 1719. E' a pianta ottagonale con all'interno uno bellissimo altare a marmi policromi, che esalta l'immagine miracolosa della Vergine dipinta a fresco.
All'esterno vi sono alcune statue di buona fattura.

SERMIDE

Il percorso odierno interessa una zona a carattere prevalentemente agricolo.
Si sfiora il grosso centro di Castelmassa (con le sue industrie agroalimentari), con una seicentesca chiesa parrocchiale dal caratteristico portico a loggia davanti alla facciata.
Si oltrepassa il Po e si arriva al paese di Sermide, lasciando così il Veneto ed entrando in Lombardia nella provincia di Mantova.
La chiesa parrocchiale é dedicata ai SS. Pietro e Paolo, nei pressi del palazzo comunale si innalza un torrione merlato del XV secolo. Si tratta di una zona a carattere prevalentemente agricolo, con il melone come prodotto tipico.

Lo stemma di Sermide raffigura due serpi intrecciate, ritte sull'erba; lo stemma reca il motto latino Latet hic anguis in herba: "Qui nell'erba si nasconde la serpe".
Tale motto fa riferimento alle condizioni paludose che hanno caratterizzato per secoli il territorio di Sermide.