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le antiche vie


Mi rivolgo all' homo viator incuriosito dal titolo, al pellegrino che si é dato la briga di 'cliccare' questo sito, con l'immodestia di poter interessare ed il dubbio che questo scritto venga saltato a pié pari. Non intendo proporre vie particolari di fede o luoghi di più o meno rinomata devozione, ma solo delle considerazioni ed un volo fantasioso sul reticolo di antiche vie che avvolge questo nostro mondo.

Quante motivazioni hanno originato questi percorsi: l'egoismo e la megalomania della conquista, lo stato di necessità, l'inseguimento di migliori condizioni di vita con la ricerca di più allettanti territori, la predicazione e la professione di fede della religione, la diffusione di prodotti nell'espansione commerciale o semplicemente il tuffo nel fascino dell'ignoto.
Nei primordi i percorsi erano motivati anche per lo sfruttamento di risorse, l'ambra, l'ossidiana, il rame, il ferro, la seta, la formazione dei tratturi di transumanza, comunque non vi si muovevano solo le persone e le cose, con queste veniva veicolata la cultura, il pensiero e le idee.

Perché ora ricercarle e ripercorrerle? Dev'essere una atavica rimembranza, la ricerca di un passato la cui conoscenza é sempre latente, mai dimenticata, l'intimo godimento di pestare le orme dei sandali, zoccoli e calzari dei nostri antenati, quasi un procedere insieme, una salutare estrazione di ricordi dai meandri della nostra memoria, spesso intasata da più meschini concetti o pretese esigenze.
Calcando una vecchia strada, contemplando la rovina o l'edificio a cui questa conduce, ammirando una piana sottostante ove avvenne un fatto d'arme, una cerimonia religiosa, un importante consesso, quale intima soddisfazione e suggestione! Facciamo rivivere in noi l'antica emozione di chi ci precedette, godiamo della rendita lasciataci e siamo consapevoli di conservare l'interesse e la conoscenza di chi ci succederà.
Lo so, scritto questo si desidererebbe alzarsi e partire, ma per intanto vi propongo un esercizio: prendete un atlante, apritelo sulla pagina sempre presente del planisfero ed il vostro sguardo, indotti dal tema di titolazione, andrà certamente a Roma, favorita anche dalla sua posizione centrale. Ed il pensiero?
Non ci sono dubbi, alla nota e grande rete stradale dell'impero, di cui sarebbe affascinante srotolare le undici grandi pergamene, dette 'tavola peutingeriana', conservate alla Hofbibliotek di Vienna sotto il nome di Codex Vindobonensis. Sono state copiate nel XIII° sec. da antiche carte romane, originali perduti, raccolte dall'umanista Konrad Peutinger (1465-1547).

Eccoci allora in partenza sul basolato della via Appia, in lunghi tratti ancora visibile, riecheggiante in testa la melodia dell'affresco musicale che ci regalò Respighi, avviandoci incontro al sole sulla regina delle strade romane fino a Brindisi, per considerare qui che un'antica via potrà, essere anche d'acqua, immaginando la muta delle galee veneziane che, partite dalla laguna, in cabotaggio di approdo in approdo arrivavano all'Egeo, al Mar Nero, alle Fiandre ed oltre ancora e, aggiungendo un po' di fantasia, sentiremo il rullio ed il beccheggio delle cocche cariche di impazienti crociati e pensierosi pellegrini recantisi in Terra Santa.

Allunghiamo lo sguardo oltre la dirimpettaia costa greca: riconoscerete Maratona? Il termine identifica ora il particolare tipo di gara podistica, ma é da qui che nel 490 a.C. Filippide fece la famosa sgambata fino ad Atene per annunciare la vittoria di Milziade sui persiani. Sullo stesso percorso, venne rivissuta nel 1886 l'impresa, dando simbolicamente avvio alla moderna ripresa dei giochi olimpici.
Riattraversiamo l'Egeo: nell'Ellesponto terminava quell'altra grande rete di comunicazioni stradali, quella dell'impero persiano, la grande via detta 'reale' partiva da Persepoli, s'incuneava nelle valli del Tigri e dell'Eufrate ed attraversava la penisola anatolica (quanti resti storici qualora si volesse ripercorrerla!).

Ma restiamo ancora nel Mediterraneo e, dopo un breve ricordo alle vaste peregrinazioni di Paolo di Tarso nei paesi bagnati da questo mare, rivolgiamoci più a sud, nella Palestina. Come non riandare, fervidi o tiepidi credenti, ai percorsi biblici, alle predicazioni di Gesù, il lago di Tiberiade, Gerico, Gerusalemme, il mar Morto, l'altopiano di Masada con il ricordo del suicidio collettivo degli assediati ed ora attuale importante simbolo dell'insediamento ebraico.
Potremmo continuare a lungo a rievocare percorsi in questa culla di civiltà che fu il medio-oriente, ma torniamo al nostro planisfero: più a sud non può passare inosservata l'Africa, terra di miraggi e non ci vorrà molto immaginare le carovane tuareg sulle piste sabbiose del deserto, con i cammelli carichi di lastre di sale per gli empori di Timbuctù, la favolosa città dell'impero del Mali raggiunta dal camuffato Renè Cailliè nell'aprile del 1828, spinto da un premio che la Société de Géographie di Parigi avrebbe dato al primo europeo che vi entrasse. Per il vero Caillié fu secondo all'esploratore scozzese Alexander Gordon Laing, che non ebbe purtroppo l'opportunità di divulgare l'impresa, ucciso nel 1826 al ritorno da quei difficili territori.

Non possiamo lasciare l'Africa senza una notazione sull'esploratore e missionario Livingstone: quello che, incontrato da Sir Henry Stanley in un territorio di qualche decina di migliaia di chilometri quadri dove gli europei erano solo loro due, fu salutato, classico esempio di flemma inglese e di formale morale vittoriana 'doctor Livingstone I presume'.

Poi, col dito proteso a segnare la lasciata Palestina, all'altezza della Nubia potremo domandarci: quale sarà stato il percorso dell'armata di Cambise sparita nel deserto?.
Ma riprendiamo da San Giovanni d'Acri (oggi Akko): da qui il ragazzo Marco Polo seguì i parenti, attraverso il deserto di Gobi e quel Takamaplan che ancor oggi fa sognare certi avventurosi camminatori, vide quell'antica via costituita dalla Grande Muraglia di cui, a partire dal II° sec. a.C., ne furono costruiti ben 6.000 chilometri. Tornato poi adulto, dettò il fiabesco itinerario su 'Il Milione', una lettura che incanta ancor oggi.

Estendendo lo sguardo a sud della Cina, come non farci venire in mente le strade tra Lahore e Benares delle letture giovanili di Rudyard Kipling, con l'esperto e smaliziato chela Kimball O'Hara, l'orfano irlandese in India più maturo della sua età, e l'infantile ed ingenuo Teshoo Lama, il monaco buddista tibetano alla ricerca del 'fiume della freccia'? o la più recente Burma Road fatta costruire nella giungla dai giapponesi, con enormi sacrifici dei birmani, durante la seconda guerra mondiale per assicurare i rifornimenti militari nella stupida occupazione del settore sud-asiatico, quegli stessi luoghi ove oggi si accontentano di una più comprensibile occupazione commerciale?

Lasciata l'Asia, sempre dirigendoci verso il sorgere del sole, attraversiamo l'Oceano Pacifico (per i limiti di proiezione cartografica dovremo necessariamente portarci sull'altro lato del nostro planisfero): sulle pendici della cordigliera delle Ande non vi sembra d'intravedere la strada reale degli Inca? E' impossibile trascurare la capacñan, il terzo sistema stradale dell'antichità, dopo quelli persiano e romano, lungo 15.000 chilometri dalla Colombia all'Argentina, passando per la mitica Cuzco, e l'immaginazione ci porta a vedere quei messaggeri che la percorrevano di gran corsa con i quipu, gli originali messaggi consistenti in una codificazione di cordicelle e nodi, disposti in maniera tale da consentire lo scambio d'informazioni e, conseguentemente, la conduzione dell'impero, anche con quelle enormi distanze.

Alziamo un po' lo sguardo più a nord: la bruma oceanica si schiarisce e sulle Montagne Rocciose si vedono i percorsi del canyon, si delineano le piste percorse dalle ottocentesche carovane alla conquista dell'ovest e lo svolgersi dei fiumi del Klondyke battuti dai cercatori d'oro; ben 28.000 furono nel solo 1898 gli aspiranti alla fortuna, ma quante delusioni!
E' stato valutato che appena un centinaio di persone, su una affluenza di 63.000, ebbero delle soddisfazioni economiche.

Riattraversiamo velocemente l'Atlantico, anche questa antica via d'acqua di Colombo e dei vichinghi, ed eccoci nella Spagna dei pellegrini con petaso e bordoncillo in ininterrotta fila dall'est per raggiungere Santiago di Compostela, pacifica invasione a cominciare dopo l'anno 800, quando si sparse la voce del ritrovamento del corpo di San Giacomo (il Maggiore). Qui ebbe anche inizio, in direzione opposta, un'altra storica percorrenza : da Cartagena partì l'esercito di 100.000 uomini di Annibale, supera il Rodano tra i bei panorami della Provenza e valica con i suoi elefanti, tankers di allora, le Alpi: dal Piccolo San Bernardo, dal Moncenisio o dal Monginevro?
Un mistero della storia.

Se lo seguiamo fino alla Trebbia, che vide Annibale vincitore sui romani, incroceremo la Via Francigena: anche qui quante suggestioni, quante sovrapposizioni del cammino di fede con le antiche strade etrusche scavate nel tufo o quelle in basolato romano. Come fanno sognare questi pellegrinaggi dal nord dell'Europa! Da Canterbury, percorrendo le strade di Marco Vipsanio Agrippa volute da Giulio Cesare nella Gallia, arrivavano gli insigniti arcivescovi anglosassoni per ricevere a Roma, dalle mani del Papa, il palium, simbolo dell'investitura.

Nuovamente nel nostro paese, abbiamo così completato il nostro ideale viaggio per le antiche vie sul planisfero, ma come non cercare d'individuare i varchi percorribili nelle Alpi? Mentre un tempo da questi entrarono in successione Unni, Goti, Visigoti, Vandali, Attila a spartirsi i resti del grandioso impero di Roma, più avanti, dal diciottesimo secolo e più pacificamente, affluivano i giovani aristocratici e gli artisti interessati a quel viaggio di formazione alle radici della cultura occidentale, il cosiddetto grand tour, come confermano le memorie di Goethe, Montesquieu, Stendhal, Byron, Shelley, Ruskin.
Anche se in quei tempi si viaggiava più in carrozza che a piedi, a nostra soddisfazione Jean Jaques Rousseau, che da giovane non poteva economicamente permetterselo, scriveva più avanti negli anni: ...il ricordo mi ha lasciato la passione più viva per i viaggi a piedi... ben presto i doveri gli affari, un bagaglio da portare, mi hanno costretto a fare il signore e a prender carrozza... mentre nei miei viaggi di allora non gustavo che il piacere di andare, dopo non ho più sofferto che il bisogno di arrivare.

Sicuramente molto avrò tralasciato su antiche vie che parimenti avrebbero meritato una citazione e mi accorgo di non aver preso in considerazione i corsi d'acqua, fiumi e canalizzazioni, vie anche queste di non minore dignità, forse rimaste ancor oggi più fedelmente percorribili di tante strade ormai irriconoscibili per l'evoluzione dei tempi e una più moderna, ma certamente meno fascinosa, rete che si é sovrapposta, a volte stravolgendo l'impostazione originaria.
Sarà questa una riserva per l'eventuale utilizzo in un altro successivo volo, o meglio, per intraprendervi un nuovo cammino...

Bruno Garlato