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Valle di Cadore - Tarzo



Il paese di San Vito di Cadore é situato in un'ampia conca nel cuore delle Dolomiti bellunesi, circondato dalle cime dell'Antelao, del Pelmo, della Croda Marcora e delle Marmarole Occidentali. Il fondovalle é percorso dal torrente Boite, che dà il nome alla valle: Valboite.

chiesetta della difesa san Vito di cadore Il primo documento che attesta l'esistenza di San Vito risale al 1203, tuttavia la presenza di un abitato stabile é da individuarsi attorno all'anno 1000. Il paese sarà in un primo momento feudo dei Da Camino, ma nel 1420 passerà alla Repubblica di Venezia.
Nel 1753, per risolvere una diatriba relativa ai confini tra Cortina (allora sotto gli Asburgo) e San Vito, le autorità deliberano che i sanvitesi costruiscano una muraglia di confine, a loro spese, lunga quesi 2 km, in alta montagna (alta 1.80m in altezza, larga 1.50 alla base, 60 cm in alto) in novanta giorni. L'ardua impresa andò a buon fine e i sanvitesi ottennero i pascoli del Giau (la muraglia é ancora visibile).

Due caratteristiche chiese sorgono nel centro del paese: la parrocchiale e la chiesetta della Difesa. La prima risale al 1200, ma l'attuale edificio é il risultato della ricostruzione del 1760. Dell'antica chiesa rimane l'affresco di San Cristoforo.
All'interno di particolare interesse é la pala d'altare di Francesco Vecellio, fratello del Tiziano, che raggiunge qui forse il culmine della sua produzione. Notevole anche una pala del '500 rappresentante i Santi Ermagora e Fortunato. La chiesetta della Difesa (i cui lavori iniziarono nel 1490) racchiude invece un'abside tardo-gotica che raffigura l'invasione asburgica. La pala d'altare é ancora una volta di Francesco Vecellio.

La chiesa parrocchiale di Borca di Cadore é dedicata ai Santi Simone e Taddeo, é citata in un documento del 1570. Venne semidistrutta nel 1737 a causa di una frana. Conserva l'organo del 1791, costruito da Gaetano Callido il più famoso costruttore di organi dell'epoca, recentemente restaurato é utilizzato anche per concerti.

Vodo di Cadore sorge sulla sinistra del torrente Boite. La chiesa parrocchiale é dedicata a Santa Lucia. Uno sbarramento artificiale, completato nel 1960, crea il lago di Vodo, che alimenta la centrale idroelettrica di Pontesei. La frazione di Peaio vanta molti edifici antichi ed é affacciata sull'Antica Strada Regia del Cadore che collegava la pianura veneta al mondo germanico; mentre la località di Vinigo (la 'terrazza sulle Dolomiti') ospita la pregevole chiesa di S. Giovanni Battista, dichiarata monumento nazionale.

Venas di Cadore sorge ai piedi dell'Antelao e conserva anche delle antiche case tipiche cadorine (in particolare a Suppiane) e una chiesa parrocchiale, dedicata a San Marco, costruita nel 1843, all'interno della quale si trova un'opera di Francesco Vecellio.

Valle di Cadore si trova alle pendici dell'Antelao, di fronte al Sasso di Mezzodì. Il comune, di antica origine, era sede anche di un castrum romano, attraversato dall'Antica Strada Regia.
Secondo il topografo Alessio De Bon questo tratto era, in epoca romana, parte della via Claudia Augusta Altinate, che proseguiva lungo il centro Cadore fino al passo di Monte Croce di Comelico passando per la val d'Ansiei. Molti i ritrovamenti di reperti risalenti all'età romana, come una lapide, una moneta raffigurante Druso, vasi, armi e bronzi ora esposti al Museo Archeologico Cadorino.
In località Rusecco, nel 1508, si combatté un'aspra battaglia; i cadorini con i veneziani ne uscirono vincitori sulle truppe di Massimiliano I d'Austria. Ancora oggi é presente il palazzo Costantini Lanza (ora sottoposto a tutela artistica) dove soggiornò Bartolomeo d'Alviano, che guidò le truppe veneziane.
Un'altra costruzione dell'epoca é la casa Costantini de' Leoni. Altre costruzioni del periodo veneziano sono rintracciabili nella strada che porta alla chiesa di San Martino. Quest'ultima, costruita intorno al XIII secolo, venne restaurata nel 1473 e demolita nel 1509 e sostituita da una nuova costruzione.
Stessa sorte le toccograve; nel 1709 quando un forte terremoto la danneggiò; quella attuale é stata costruita nel 1719 e consacrata nel 1739. Meritano una citazione le tele di Antonio Lazzarini e la pala di Francesco da Milano.

La chiesetta di Damos, dedicata ai Santi Andrea e Giovanni Battista, appartiene alla parrocchia di Tai e al Comune di Valle di Cadore. Vengono celebrate messe il 24 giugno, festività di San Giovanni Battista, il 14 agosto, vigilia della festa dell'Assunta e il 29 agosto, giorno dedicato al martirio del Battista. Altre celebrazioni avvengono in memoria di defunti. Davanti all'edificio esiste un piccolo cimitero recintato da un muro, la cui realizzazione era stata autorizzata fin dal 1762.
Alcune sepolture sono molto recenti.
Chiesetta di Damos Sulla parete di fondo della chiesetta, sopra un piccolo altare, sul finire del Trecento é stata affrescata una Crocifissione. Il dipinto, restaurato nel 1991-92, appare oscurato sui bordi superiori da due riquadri raffiguranti San Rocco e Sant'Antonio Abate. Alla costruzione iniziale, nel XVI secolo, sono state aggiunte la navata (un'aula quasi quadrata), il campanile e la sacrestia.
Sulla parete di destra un dipinto raffigura una Madonna col Bambino fra i Santi Andrea e Giovanni: ed é significativo che, sullo sfondo, sia visibile un turbinare di acque tempestose sulle quali galleggia una zattera, evidente richiamo alla fatica e ai pericoli degli abitanti di un tempo.
Sull'arco che introduce nella primitiva struttura campeggia un'Annunciazione, mentre sulla volta sono affrescate alcune scene della vita di Gesù, con in lontananza i profili delle montagne.

La borgata di Damos, abitata fino agli anni Sessanta del '900, era andata spopolandosi dopo il 1830, in seguito alla costruzione della nuova strada di Alemagna che aveva spostato il traffico in altra direzione.

Il paese di Perarolo é situato dove il Boite confluisce nel Piave. Era da quest'area che partivano le zattere per il trasporto del legname diretto alla Repubblica di Venezia per via fluviale, traffico che fu per molti secoli, a partire dalla seconda metà del XIV, alla base dell'economia di questo territorio, a prevalenza boscoso.
Nei primi del Novecento, però, con l'arrivo della ferrovia (1913), questo secolare modello economico decadde e con esso il prestigio di Perarolo. Inoltre, negli anni ottanta fu dismessa la Cavalera, unica strada praticabile nel percorso Longarone - Cortina d'Ampezzo e passante per Perarolo: furono costruiti il viadotto e il Ponte Cadore, che tagliarono fuori il paese dal traffico automobilistico, pregiudicando così un'economia legata al turismo diretto a Cortina e sulle Dolomiti.
La chiesa parrocchiale di Perarolo é del 1515 ed é intitolata a San Nicolò, patrono degli zattieri, la cui attività era al centro dell'economia locale. Nella chiesa di San Rocco vi si trova un dipinto raffigurante La Madonna con Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano, attribuita a Francesco Vecellio.

A Ospitale, nella parte alta del paese, si trova uno degli edifici più antichi e prestigiosi dislocati lungo la valle del Piave, un tempo destinato ad accogliere i pellegrini e i viandanti che la percorrevano.
Oggi l'edificio conserva ancora la decorazione di una bifora in stile gotico, la cui presenza é documentata fin dal sec. XlV. Sono visibili ancora oggi alcune testimonianze della antica via romana che percorreva il Canale del Piave poco a nord dell'abitato di Ospitale. La chiesa parrocchiale é dedicata alla Santissima Trinità.

Il comune Longarone é stato istituito ex novo dalla fusione dei preesistenti comuni di Longarone e Castellavazzo in base alla legge regionale 9 del 21 febbraio 2014. Quest'ultima é stata promulgata in seguito a un referendum consultivo. Il paese di Longarone é tristemente noto perché venne completamente distrutto dal disastro del Vajont del 9 ottobre 1963.
Abitato già in epoca romana, nel 1420 divenne dominio della Repubblica di Venezia di cui seguì la storia.
Il 9 ottobre 1963 alle ore 22:39 il paese fu colpito dal disastro del Vajont, una strage causata da una frana staccatasi dal monte Toc, di fronte a Erto e Casso, e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga del Vajont, provocando un'onda che scavalcò la diga e travolse il paese sottostante, distruggendolo e provocando 1.910 morti di cui 1.458 solo a Longarone.

Cimitero di vittime del Vajont La chiesa di Santa Maria Immacolata fu realizzata a cominciare dal 1975 su progetto di Giovanni Michelucci. Un insieme di volumi disposti in maniera circolare, chiusi da una struttura metallica che va a formare il campanile.
La sede prescelta per la costruzione é quella della vecchia chiesa distrutta anch'essa dalle acque del Vajont. La parrocchia intestata alla Madonna Immacolata fu fondata nel 1799. La chiesa di Castellavazzo é dedicata ai Santi Quirico e Giulitta.

Il piccolo borgo di Faé da il nome alla faesite, poiché qui vi era la fabbrica che la produceva, quando venne brevettata nel 1936 da suo inventore Osvaldo Protti.
La frazione di Fortogna si trova nel comune di Longarone, vi sorge il cimitero delle vittime del Vajont, struttura che nel 2003 venne dichiarata Monumento Nazionale.
La chiesa parrocchiale é dedicata a San Martino, nel 1861 venne totalmente ricostruita, la struttura si presenta sobria e caratterizzata da linee neoclassiche.

Soverzene per popolazione é tra i più piccoli comuni del Veneto, é noto soprattutto per la presenza di un'importante centrale idroelettrica funzionante grazie alla diga che forma il lago artificiale della Val Gallina.
La centrale idroelettrica di Soverzene fu progettata nel 1939; i lavori cominciarono nel 1942 ma, interrotti allo scoppio della Seconda guerra mondiale, furono ultimati solo nel 1950, data di entrata in funzione della stessa. E' intitolata ad Achille Gaggia, allora presidente della SADE, é uno dei numerosi impianti che sfruttano le acque del bacino del Piave.
All'uscita l'acqua viene convogliata nel canale di Socchér in comune di Ponte nelle Alpi.

La chiesa parrocchiale, intitolata a San Lorenzo, risale forse al XV secolo ma in seguito subì numerosi rimaneggiamenti; in particolare, alla metà del XVIII secolo fu completamente ricostruita e riconsacrata nel 1764. Conserva, tra l'altro, dipinti di Girolamo Moech e due pale attribuite ad Antonio Bettio.
Caratteristico il campanile con la cuspide a cipolla. Altro luogo di culto si trova in località La Grotta, nei pressi della Zona Industriale: si tratta di una chiesetta con una riproduzione della grotta di Lourdes costruita all'inizio del Novecento.
E' il perno della festa della Madonna che prevede anche la celebrazione della Messa presso il monumento.
La chiesa parrocchiale di Socchér é dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, quella di Casàn a San Martino vescovo.

Il paese di Farra d'Alpago si stende nella conca dell'Alpago a sud-est di Belluno. Il centro del paese sorge sulla riva orientale del Lago di Santa Croce. Farra deriva da fara, un termine di origine longobarda indicante un gruppo, costituito da famiglie e da individui imparentati, in cui era divisa la popolazione.
La chiesa parrocchiale é dedicata ai Santi Filippo e Giacomo.
Il lago di Santa Croce é un lago naturale (il cui bacino é stato ampliato artificialmente negli anni trenta) alimentato principalmente dalle acque del canale di Socchér, che raccoglie le acque del Piave a Soverzene, e del torrente Tesa ed ha come emissario il torrente Rai che serve da sicurezza in caso di piene del lago.
Sul lago si affacciano i centri abitati di Farra d'Alpago a nord, della frazione di Poiatte a est, del paese di Santa Croce del Lago a ovest e della frazione de La Secca a nord.
Il Lago di Santa Croce e, più a sud, il Lago Morto rappresentano due esempi di laghi intravallivi formatisi per sbarramento alluvionale, morenico e di frana.
Questo lago é caratterizzato da un vento termico pomeridiano analogo a quello presente sul Lago di Garda, che soffia da sud verso nord dalle prime ore del pomeriggio fino a sera.
La Sella di Fadalto é stretta tra il versante orientale del monte Faverghera (1.611 m slm) e i pendii che delimitano il Cansiglio sul versante occidentale. Nelle vicinanze sorgono le borgate di Fadalto, in territorio trevigiano, e Lastra, nel Bellunese.

La frazione di Revine é la principale del comune di Revine Lago.
Fu comune autonomo fino al 1868, anno in cui si fuse con San Giorgio di Lago per costituire l'odierno Revine Lago. Degna di nota é la chiesa parrocchiale di San Matteo (XVII secolo, molto rimaneggiata) con una pala attribuita ad Egidio Dall'Oglio. E' sede arcipretale.
Il paese é molto interessante anche per i suoi caratteristici portici, le piccole borgate e le case in pietra.

Il paese di Tarzo risulta abitato fin dai tempi antichi, con testimonianze archeologiche che risalgono all'Età del Bronzo (II millennio a.C.).
Le popolazioni indigene, Veneti soprattutto e Celti, accolsero successivamente, durante il II secolo a.C., i Romani. L'arrivo dei Longobardi, nel 568, ebbe notevole importanza per la zona, a loro si deve anche la costituzione del Ducato di Ceneda, corrispondente all'incirca all'attuale Diocesi di Vittorio Veneto, nel quale fu compreso Tarzo.
La chiesa parrocchiale é dedicata alla Purificazione della Beata Vergine.
Eretta nel 1597, é costruita a navata unica, subì una radicale ristrutturazione nel 1742. Il portale in pietra risale al 1860. La facciata, che imita quella della cattedrale di Vittorio Veneto, venne inaugurata il 5 aprile 1926. All'interno della chiesa si possono ammirare la pala di Cesare Vecellio sull'altare maggiore, il soffitto affrescato da Sebastiano de Boni, una pregevole 'Via Crucis' con cornici dorate in legno ed altre opere d'arte.
Il coro in legno reca sulle pareti due affreschi incompiuti di Giovanni De Min.
Gli altari sono costituiti da preziosi marmi policromi recuperati dalla chiesa di San Francesco di Conegliano, demolita nel 1810.
Accanto alla chiesa vi é il caratteristico campanile pendente risalente al 1540 e sopraelevato nel 1722.